Decadenza e rideterminazione degli incentivi Salva Alcoa: il TAR Lazio rileva i limiti al potere del GSE. Dai principi di autotutela e onere della prova, all’effettiva portata del regolamento “CONTROLLI”

Con sentenze nn. 13507 e 13508/2025, pubblicate il 9 luglio 2025, il TAR Lazio, sez. III ter, ha accolto due ricorsi avverso due provvedimenti del GSE di decurtazione del 25% degli incentivi originariamente riconosciuti a due impianti fotovoltaici ai sensi del II Conto Energia e della speciale procedura di cui alla L. 129/2010 cd. regime “Salva Alcoa”, annullando gli stessi in quanto illegittimi, con pieno e integrale ripristino di quanto originariamente accordato a favore della società ricorrente, assistita dall’Avv. Andrea Sticchi Damiani.  

La decurtazione del 25% era stata disposta, sulla base del Regolamento Controlli del GSE di dicembre 2023, all’esito di due procedimenti di verifica avviati dal GSE nel 2021, nell’ambito dei quali erano stati effettuati dei sopralluoghi da cui era emersa, a distanza di molti anni, una data di collaudo del gennaio 2011 su alcuni componenti (quadro generale di campo e quadro generale) ritenuta dal Gestore inconciliabile con la fine lavori prescritta dal Salva Alcoa entro il 31 dicembre 2010. 

Nelle sentenze in commento, il TAR ha, in via preliminare, analizzato la qualificazione del potere esercitato dal GSE, alla luce dell’evoluzione storica del testo dell’art. 42 del D.Lgs. 28/2011 che “àncora il potere di decadenza del Gestore alla sussistenza dei presupposti dell’autotutela e ciò al fine di non vanificare la portata effettiva del principio di certezza per gli investitori enunciato dalla Direttiva 2009/28/CE (considerando 14)”.  

Ha puntualizzato, inoltre, il Giudice amministrativo che l’attività di controllo del GSE e la sottesa “finalità di tutela non può condurre, alla luce del vigente quadro normativo, ad una ‘indiscriminata rimessa in discussione dei presupposti iniziali’, che si porrebbe in contrasto con il legittimo affidamento e la fiducia degli investitori (Cons. Stato, sez. II, n. 3499/2025)”; ed invero, “le verifiche e i controlli espletati dal Gestore sono riconducibili al paradigma dell’autotutela ovvero a quello della decadenza ancorata ai presupposti dell’autotutela, non potendo la rideterminazione della tariffa costituire un tertium genus sottratto alle regole generali dell’art. 21-novies della L. 241/1990, richiamate peraltro espressamente dall’art. 42 del D.Lgs. 28/2011”.  

Proprio con riferimento alla disposta rideterminazione tariffaria, nei casi di specie, ricorda il TAR che, al di là della denominazione formale, il ‘Regolamento’ emanato dal Gestore a dicembre 2023 è un atto amministrativo generale, equipollente ad una circolare interpretativa e, pertanto, finalizzato a indirizzare uniformemente l’azione del Gestore […], ma adottato al di fuori della procedura prevista dall’art. 42, comma 5, del D.Lgs. 28/2011, che attribuisce peraltro al GSE esclusivamente una funzione istruttoria propedeutica all’emanazione del regolamento da parte del Ministero competente”. 

Né può valere, quale fondamento autonomo del potere del GSE di rideterminazione degli incentivi nei casi di specie, l’art. 11, comma 3, del D.M. 31 gennaio 2014, cd. “Decreto Controlli”, stantealla luce del principio di gerarchia delle fonti, il valore poziore dell’art. 42 del D.Lgs. 28/2011, come modificato dalla L. 205/2017 e successiva L. 128/2019, ivi incluso il richiamo all’art. 21-novies della L. 241/1990, in esso inserito dal D.L. 76/2020. 

Acclarata la natura di provvedimenti di autotutela e, più precisamente, di annullamenti d’ufficio parziali, il TAR Lazio ha chiarito che, anche a voler considerare tali provvedimenti quale espressione del potere di decadenza, per la loro adozione avrebbe dovuto comunque essere rispettata la disciplina di cui all’art. 21-novies della L. 241/1990, richiamata dall’art. 42 del D.Lgs. 28/2011. 

Pacifica è, quindi, la violazione del termine ragionevole, di carattere assorbente, essendo trascorsi oltre tre anni tra l’avvio e la conclusione del procedimento di verifica. 

Nel merito, il TAR ha, poi, ribadito, richiamando le censure della difesa della società, che “incombe sul GSE l’onere di dimostrare l’effettività degli elementi fondativi della decadenza ad esito delle verifiche effettuate (Cons. Stato, sez. II, n. 125/2024) e tale argomento è estensibile al riesame in autotutela. L’accertamento della violazione deve essere sorretto da elementi “effettivi, solidi e verificati”, per cui un quadro documentale completo delle informazioni rilevanti ai sensi di legge (comunicazione di fine lavori, corredo fotografico) non può essere inficiato dalla richiesta formulata in occasione di un successivo controllo e volta ad acquisire materiale probatorio ulteriore, la cui produzione non era prevista con chiarezza ai fini dell’ammissione agli incentivi”. Peraltro, ha rilevato il TAR che nei casi in esame la comunicazione di fine lavori era stata redatta dall’originaria titolare Acea, società a partecipazione pubblica rientrante tra gli organismi erogatori di un pubblico servizio, costituendo la stessa un atto dotato di fede privilegiata ai sensi dell’art. 2700 c.c..   

Inoltre, accogliendo altresì le tesi difensive in ordine alla verosimile sostituzione da parte della originaria società titolare degli impianti dei componenti originariamente installati entro la fine del 2010 poiché evidentemente malfunzionanti (cosa che avrebbe giustificato la rilevata data di collaudo del 2011), il TAR ha chiarito che, sulla base di una lettura della Procedura Operativa conforme ai principi di collaborazione e di buona fede, il componente avrebbe potuto essere sostituito fino al collaudo dell’impianto, dovendo l’impianto sì essere ultimato entro il 31 dicembre 2010, ma anche entrare in esercizio entro il 30 giugno 2011 al fine di beneficiare delle tariffe previste dal Secondo Conto energia sulla base della speciale procedura di cui alla L. 129/2010, posto che “la possibilità di effettuare – nel rispetto dei dati progettuali – la sostituzione di componenti – installate entro termine di fine lavori e rivelatesi solo successivamente non funzionanti – rappresenta la conseguenza necessaria della collocazione temporale di tale istituto. Una diversa interpretazione svuoterebbe di significato il collaudo, poiché sarebbe irragionevole prevedere la possibilità di verificare eventuali malfunzionamenti ovvero anomalie di un impianto già installato e, tuttavia, non consentire di correggerli in funzione dell’entrata in esercizio senza alterare la configurazione prevista in sede di progetto” (TAR Lazio, Roma, sez. III-ter, n. 15444/2024).  

Trattasi di due sentenze fortemente innovative e a favore degli operatori del settore e della stabilità degli investimenti attraverso il mantenimento degli incentivi.

 

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